R I S V O L T I

risvolti

#risvolti

46°20′36.96″N 10°29′16.44″E

Mi diede nome Nathan, in uno schiocco di risata così ruvida, così gioiosa

Anche in quel caso era la premessa di un confronto, ad armi pari, senza guantoni. Con lui mi confrontavo proprio come io fossi Nathan e come lui fosse Jean.

Niente di immaginifico, tutt’altro. Palpabile sostanza di vita. Vita che si fa mare in moto ondoso in cui immergere anima e cervello come fossero un unico organismo, battente ed equidistante.

Bisogna salire e salire ancora negli spazi che si spettinano delle ultime resistenti conifere per ritrovare quella svuotante pienezza che provi quando, con anima e cervello insieme, ti confronti con uno come Jean, nel tempo mortale conosciuto come Lele.

E non è solo lo sperdersi dello sguardo. E’ lo sperdersi che, senza alcun preavviso, diventa voragine rovesciata che strappa da dentro ogni umore e lo sparge nell’aria e quell’aria diventa nuova capacità di respiro.

Nelle chiacchiere a confronto tra Nathan, me sperduto nel dubbio costante, e Jean, lui centrato in mezzo all’universo con tutta la forza del suo corpo albero, c’era sempre, ogni volta, nuova capacità di respiro.

Camminiamo dinoccolati, allo stesso modo. Io ancora qui, a cercare altitudine del dubbio.

Lui dove sapeva, a dare testimonianza della sua verità.

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#risvolti

40°30′00″N 3°40′24″W

Ma trasfigurati. Ma trasfigurati se – dato lo spirito – non ci si mette tutta la pelle.

Attraversa, attraversa senza indugiare nel timore della poca luce di parvenza.

Si aprirà uno spazio ben custodito, così ben custodito da permettersi di fare esplodere il soffitto di sguardi e movenze. Irrefrenabili.

Sai bene che lo spirito è irrefrenabile per composizione. Sa confondere le lacrime con il sudore e sa farlo a pieno cerchio se il ritmo sale dal pavimento ed esce dalle pareti. Come se anche gli spazi fossero terra di origine della musica.

Ma trasfigurati se la musica ha bisogno di un luogo d’origine. Ma trasfigurati se la musica aspetta di conoscere il suo luogo di destinazione.

Fa un po’ come i gatti, attraversa le intemperie senza preoccuparsi di distinguerle. Va a zonzo. La musica ha la naturale tensione all’esplosione che hanno i nervi che attraversano il corpo di Meg fatto voce. Pronto ad esplodere insieme al soffitto

Ma trasfigurati se – dato lo spirito – non ci si mette tutta la pelle. Pelle che si trasforma si rigenera si riduce a brandelli si ricompone in nuova luce.

Corre a sentire il metallo ghiacciato di fuoco della chitarra sedotta in chiave blues.

Ma trasfigurati se la musica si interessa di geografia. Dato lo spirito, ci si mette tutta la pelle. In libera esecuzione. Lanciando un grido solitario dolce come zucchero.

Intrecciando spiriti e pelli come in un accampamento sioux. Ma trasfigurati, io ci metto tutta la pelle.

Dato lo spirito.

Wild Meg & The Mellow Cats Marco Marchi Spirit de Milan

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#risvolti

45°49′N 8°50′E

Non vi è altra spiegazione. Il blues ha creato sé stesso. Il blues preesiste a sé stesso. E’ un fatto. Tangibile con ciascuno dei nostri sensi.

Ha creato sé stesso e ha preso senza troppi indugi a creare una sorta di libreria circolare degli elementi di base. Ha creato la semplicità. Ha creato – con grande stupore universale – l’eleganza della semplicità.

Ha creato poi o forse ancor prima l’essenzialità. E’ un fatto.

Tangibile in ogni singolo accordo, in ogni singola lignea venatura del buon Kevin. Si muove sapendo – con così poca anzi nulla ostentazione – di essere essenziale e quindi portatore di essenza.

Si muove con la lentezza pronta ad esplodere che del blues fa appunto l’elemento fondamentale.

Abbiamo crescente bisogno di semplicità.

Testimoniamo crescente desertificazione di semplicità. Come una foresta in estenuante lotta con gli uomini.

Non vi è altra spiegazione. Il blues ha generato il buon Kevin in tutta la sua elegante semplicità.

E Kevin di semplicità fa blues.

Nella perfezione di un istinto naturale.

KEB' MO'

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#risvolti

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Siamo cacciatori di Risvolti. A mani nude.

Non certo per preventiva selezione.

Incontriamo. Per testimoniare.

Niente è più funzionale.

Ma certo – vien da questionare – a cosa?

Alla consapevolezza ed al nuovo bisogno che ne nasce.

Andiamo a caccia di risvolti.

Una sola regola. Una soltanto.

Dire adeguata testimonianza.

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#risvolti

45° 35’ 39,58” N 11° 22’ 41,39” E

Chiamami Gio.

Non è una questione di altezza. Insomma non si tratta di raggiungere. Piuttosto voglio trovare il tempo e riconquistare lo spazio.

Non dover scegliere un’unica dimensione. Mescolare.

Voglio mescolare e così proseguire fino a che le linee siano nitide e liberamente ordinate.

Non è mai una questione di altezza. Piuttosto voglio approfondire. Comprendere. Voglio comprendere e così proseguire fino a che in profondità io possa di altezza disinteressarmi.

A piedi bene aperti a terra.

A mani ben protese a prendere il ritmo dei passi e della sospensione che a tratti ne segue.

Ho imparato a liberare financo quel velo di maschera che mi son ritrovato a far tempo carnascialesco.

Eppure di quel tempo io non ho ritmo.

E non è, non è mai stata una questione di altezza. Voglio solo trovare il tempo e riconquistare lo spazio.

Voglio mescolare e così proseguire fino a che tutto si plachi come superficie di lago che si inghiotte una goccia di pioggia. E ne comprende il sapore.

E voglio essere acqua di lago. E voglio vivere pioggia. E pioggia cadere dall’altezza per attraversare il lago in profondità.

Non è appunto una questione di altezza.

Voglio solo trovare il mio tempo.

Voglio solo riconquistare il mio spazio.

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#risvolti

45° 42′ 32.616”N 9° 40′ 46.38”E

https://www.paolofresu.it

Incendiario si vive.

Con la placida irrequietezza di chi pone i piedi a palmo bene aperto sulla terra nuda. A spegnere l’incendio del pensare doloso. Ad accendere e mantener viva la brace che vive di ardore sottostante, ma non mai sottaciuto.

A Fresu e Fogu metteremo ogni landa trovata e ritrovata.

Perché il peregrinare ci è d’ossigeno riserva, inesauribile.

E noi inesausti, a Fresu e Fogu metteremo ogni landa. Ed ogni landa è di ogni animo pellegrino.

Incendiari si ha da vivere.

Colmi d’umore a riversar su Fogu, per spegnimento di riaccensione.

Tramiti di rabbiosa gioia colloquiale.

A Fresu e Fogu metteremo ogni landa.

Attraverseremo i mari, sia pur di terra compatta composti. A caccia di effetti di sottobosco e ad acchiappo di nuvole che scherzano a riempimento e dissolvenza.

Si vive incendiari.

Placidi ed irrequieti.

A spegner il pensare doloso.

Ad accendere e mantener viva la brace che sottacere non sa.

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#risvolti

45°21′43.8″N 9°41′17.09″E

https://www.ericbibb.com

Questa mia piccola luce è nata dal senso del fulmine.

Il senso del fulmine ha attraversato boschi e maree. Ha conosciuto vette e frequentato il fondo delle valli.

Questa mia piccola luce ha indossato i panni di chiunque mi ha visitato entrandomi nello sguardo con il suo proprio passo.

Mi son detto, sii te stesso a testimonianza di chiunque altro.

La testimonianza è l’essenza vitale di queste dita, così pronte a farsi rami e ricongiungersi al legno a cassa armonica.

Sono un semplice Trovatore.

Perlustro a cammin di spontaneo sorriso e il sorriso lascio si inumidisca di temporali che quel fulmine ed il suo senso portano in corpo.

Ho attraversato boschi e non rinuncio ad attraversare maree.

Parlo con la quiete che arde dentro la gioia che soltanto la consapevolezza sa mettere in nota.

Parlo come fossi vestito dei panni di chiunque ha preso albergo dentro di me, attraversando con il suo proprio passo il mio sguardo.

Sono sempre me stesso, a stretta testimonianza di chiunque altro. Sono me stesso, che altro potrei essere se non chiunque altro.

Con il senso del fulmine, sorvolo i confini per osservarli scomparire. Questa mia piccola luce è nata dal senso del fulmine.

Con il senso del fulmine, continuerò ad attraversare boschi e maree. Sarò sempre me stesso, a testimonianza di chiunque altro.

Doveste dimenticarvi il mio nome, non affaticatevi oltre modo, chiamatemi Trovatore.

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#risvolti

45°31′53″N 9°40′12″E

Voglio perdere l’equilibrio.

Gettare una corda e tenderla da un capo all’altro.

Eppure anche galleggiare nel vuoto che mi accingo a sovrastare.

Voglio sciogliere ogni muscolo. Ogni muscolo richiami a sé buona dose di sangue e si alterni a far massa e svuotamento.

Voglio sudare tutta la rabbia per l’indifferenza alla bellezza. Sudare questa radice fuori da me che albero mi son fatta per similitudine di materia prima.

Voglio riequilibrare le perdite con ampia campagna di conquista dello spazio.

Scivolare e rimbalzare.

Fare che a dettare il cammino sia la permanenza dei suoni.

Voglio cingermi a voi e da voi discostarmi per la sola ampiezza del gesto.

Sorridere per semplice gusto.

Voglio dell’unione aver piena soddisfazione e poter per soddisfazione lasciar la stanza senza altra necessità se non riapparire senza altra apparenza alla luce ravvivata dal senso prolungato del buio.

Che a serrare e dischiudere gli occhi del buio finisco per apprezzare consolazione.

Ma certo di consolazione non voglio vivere.

Voglio perdere l’equilibrio. Galleggiare nel vuoto e sovrastarlo.

A voi strettamente unita. E da voi ben distinta.

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#risvolti

45° 27′ 55.634″ N, 9° 11′ 11.457″ E

Ci siamo finiti un po’ tutti.

A terra.

A poggiare il volto su un fianco. Senza più alcuna voglia di ascoltare. Nella vana speranza di un silenzio e della sua naturale forza di liberazione.

E una volta a terra, senza più alcuna voglia di ascoltare, abbiamo scoperchiato lo sguardo.

E nel piano inclinato abbiam preso a riconoscere, pur fioche, pur così distanti, le primissime luci della liberazione. Nel piano inclinato gli angoli, con giusta dignità, si dimostrano i luoghi perfetti per la rigenerazione.

Via dal centro, sia esso più o meno esatto.

A far degli angoli la confortevole dimora più ancora che il difensivo rifugio. Dimora di nuova partenza.

Anche soltanto di sguardo appena scoperchiato.

Il Blues cucina prelibatezze negli angoli del piano inclinato.

E la sincerità del Bluesman sta in quel modo, così poco controllabile, di reclinare il capo per ogni dove.

Quel modo.

Quel modo di contorcere parti del corpo, senza un ordine.

In assenza di un disegno preciso.

Negli occhi la certezza di riconoscere le primissime luci della liberazione.

E in quelle luci, con gran esito di sostanza, dar principio alla rigenerazione.

Ci siamo finiti un po’ tutti.

A terra.

E a terra abbiam poggiato il volto su un fianco.

Con gli occhi colmi di desiderio di ascoltare il blues.

Pronti a scoperchiare l’animo.

Grazie per queste primissime luci, Ben.

Grazie per queste primissime luci, Charlie.

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#risvolti

45° 27′ 50.98″ N, 9° 11′ 25.21″ E

Sai che lo puoi ritrovare ovunque. Nel bel mezzo di una stanza, in compagnia del discorso fumante d’una tazzina. Ciondolante per ciuffo tra le luci pronte a disciogliersi di nuovo calore. A fianco, nel cammino. In lontananza, a far luce. Nel ricordo, a spingere in avanti. Sulla sommità di un luogo, a suggerire di non attardarsi troppo a guardare la valle.

In ciascuna di queste occasioni farebbe risuonare quella voce che sa di invito al silenzio.

Sai bene che lo puoi ritrovare ovunque.

Lui che si ascolta per imprevista scoperta.

Accade perché ha tutte le sembianze di una apparizione. Sa bene che ti ritroverà ovunque. Sull’uscio ad introdurti nella stanza. Nel bel mezzo del cammino, per affiancarti senza esserti di ingombro.

Nella speranza, a ricordarti che indietro una ragione – e più d’una forse – c’è stata.

Benvegnù.

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