CONSONNO (di Una Notte di Mezza Estate)
Lo riconobbe nel sonno.
Lo riconobbe a Consonno. Ma non lo riconobbe a sè stesso.
Ogni cosa svanisce, bellezza, e questo è un fatto.
E ogni cosa che svanisce, prima o poi riappare.
Svanisce la terra sotto i manufatti. Svanisce la terra sotto i malefatti.
“Era un visionario. Occhio rapido a segnare all’orizzonte linee capaci di congiungere tutto quello che gli altri non potevano vedere”.
Eppure, le linee della evoluzione dell’uomo dentro la natura, mani e piedi nel suolo, sguardo ad altezza di acqua, cielo, chiome, eppure quelle linee nascono dalla forza genitrice dell’inchiostro naturale.
E quell’inchiostro riempie i segni grafici che il vento dissemina, sparpagliando i semi.
I semi vanno ben conosciuti e riconosciuti, vissuti per tempo che ne fa sapienza di coltivazione.
Lo riconobbe nel sonno, confondendolo per un sogno. Lo riconobbe a Consonno, sottacendolo a sé stesso.
Ogni cosa svanisce, bellezza. Questo è un fatto. E’ un fatto che ciò che svanisce, prima o poi torna a manifestarsi. Svanisce il procedere di orchestra jazz che fa del bosco una unica radice di vita e cambiamento.
“Aveva il portamento del sognatore. Così sicuro nel passo che attraversava il luogo e il suo immaginario futuro”.
Eppure, il tempo naturale è mescolanza di ingranaggi e sfugge alla rigida successione. Eppure il tempo naturale insegna il rispetto del tempo e restituisce sempre nuovo contesto.
La coltivazione delle idee è un esercizio di propulsione alla creazione che si innesta in un terreno di consapevolezza.
“Avrebbe ridato vita ad un luogo morente per morte naturale”.
Ogni cosa svanisce, bellezza, e questo è un fatto. E ogni cosa che svanisce, prima o poi torna a manifestarsi. Accade anche a Consonno, sulle ceneri di un Sogno di Mezza Estate.