R I S V O L T I

I n F a t t i

(#manuinfatti)

45° 21′ 0″ N, 8° 57′ 0″ E

Con le Mani. Infatti. Provate a smarrirvi nella razionalità indotta del reticolo viario della pianura.

Provate a farlo badando a far vostra, nel più intimo significato di farlo, la silenziosa propensione della pianura a sfociare rabbia nel mare o a quietarla elevandosi dolcemente a collina.

Provate a farlo in quel fazzoletto di terra e foschia che sa essere nebbia di nuvolosa consistenza.

Là dove il là perde senso. Smarritevi attorno a Morimondo. Smarritevi attorno ad un ManuInfatto che si fa sintesi della innata capacità di gettar seme.

Vi chiederete come può accadere che la Provenza sia così vicina. Aggirate l’abbazia. E fatelo più di una volta. Aggiratela e in essa inoltratevi. Siate resistenti alla disperante limitazione dei suoi accessi. Non dipende da alcun segreto. Soltanto semplice incuria che si mescola tristemente alla impotenza di chi vorrebbe dar valore e far risplendere quotidianamente negli occhi degli smarriti visitatori.

Molti ci arrivano appunto per smarrimento.

Troppa piana somiglianza di strade e paesaggi. Ed in quella somiglianza, in quella unità di intenti dei colori e delle consistenze c’è grande manifestazione della Natura nella sua incessante forgiatura di rappresentazioni vive e viventi.

E’ un piccolo mondo. Come ogni piccolo mondo tiene dentro tutto quanto il mondo. Quello conosciuto e quello ancora da esplorare.

Smarritevi attorno a Morimondo.

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(# m a n u i n f a t t i)

43° 41′ 57.19″ N, 11° 27′ 59.54″ E

Pelle a far corteccia. Sangue a far linfa.

Quell’intrinseco calore perennemente disposto a generare combustione nei sensi anche in semplice avvicinamento.

Le sequoie son manifestazione delle forze primigenie della natura e dei senzienti. E fa spalancare l’animo a stupore il ritrovarle danzare ed ergersi in un bosco d’Italia mal conosciuto. LECCIO.

E’ luogo ben incucciato in terra toscana a due sguardi dalla capitale che fu. E pure Leccio porta in dote nel nome possenza e longevità, pienezza di linfa e sangue e radice profonda nel tempo degli eventi che improntano la natura e la sua ininterrotta vicenda evolutiva.

Le sequoie di Leccio sono elementi di un parco che fa da sottofondo – naturale e sonoro – ad un manufatto di ingegno e sproporzione ideale. Il CASTELLO DI SAMMEZZANO.

Oscillante tra la gloria mai raggiunta di esempio singolare di un’arte di mescolanza che si smarrisce di estasi per libera libagione dell’orientalismo e delle sue volute sprigionanti colori e dei colori la incontenibile euforia.

Ne rimane l’immagine viva e vivente di un continuum di grande discontinuità, eppure così bene amalgamato nella eterogeneità delle sue componenti.

Un percorso naturale che si inerpica nella bellezza ascendente delle presenze arboree, così dinamiche ed energiche e passionali nella loro presenza animata – di una certa sequoia, immersa nel vuoto apparente di un prato inclinato a far cuore nel mezzo del parco, vien da trovare appellativo di “Dancing Sequoia” come a trovarsi a Nord di San Francisco), per svolgersi nell’apparizione del Castello, scrigno di dichiarata testimonianza di artistica eccitazione.

Pelle a far corteccia. Sangue a far linfa.

Arte di sintesi che annulla ogni distanza culturale. A far insieme furore per i sensi.

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