R I S V O L T I

risvolti

#risvolti

23° 8′ 0″ N, 82° 23′ 0″ W

https://www.yiliancanizares.com

Un unico fascio. Della longitudine e della latitudine. Un’unica foresta. Della chioma e del sorriso che suona come corda in vibrazione.

Yilian.

Scaraventata su questo piccolo pianeta dalla vastità di un Mito.

Indifferente alla separazione degli Oceani. Perché sono le terre che hanno interrotto il canto degli Oceani. Quel canto che rimescola le creature. Quel canto che rimescola dentro. E dagli Oceani emergono i frutti del lungo lavorio del primo elemento.

Un’unica lingua, un’unica cultura, un’unica terra. E la Musica dei Popoli. Un’unica Musica. Perché – così dice a rugiada quell’avvocato d’Asti – la Grande Musica frequenta l’anima. E la frequenta essendosi prima impastata di terra e fattasi con acqua poltiglia.

Ne formeremo tutti – con le sole mani a dar voce al corpo intero – viventi vasi. E da quei vasi berremo copiosamente.

Un unico fascio di longitudine e di latitudine.

Un’unica foresta, di chioma e di sorriso.

Yilian.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved

#risvolti

43° 46′ 55.44″ N, 11° 13′ 5.41″ E

Cantanti. A squarciagola.

Distruggendo lo steccato puntando forte diritto al bersaglio. E si costruisce uno steccato inviolabile e peraltro inconsistente. Inconsistente alla reazionaria spocchia di chi si dice contemporaneo per semplice comprensione dei meccanismi. E di meccanico poco c’è.

Cantanti. Ed ogni Diva ne può trarre beneficio e godimento.

Difensori arcigni. Gravidi di passione. Indisponibili a sgravarsene. Errabondi e, per libera scelta, mai narrativi. Discontinui.

Gemmati dal primo sole che poi ultimo si dichiara abbandonandosi alla pioggia improvvisa. Il verso si fa arma e impronta che affonda nel fango. Si cammina senza riuscire a far conto della distanza.

Occorre raggiungere un punto e salvaguardare così il punto appena lasciato. Nella novità, non per differenza. Nuovo e vivo.

Provvisto di poca ragione. Quella che basta.

Cantanti. A squarciagola.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved

#risvolti

43° 45′ 29″ N, 11° 10′ 49″ E

Indossa gli occhiali come un’armatura. Lei che di armatura non abbisogna affatto. Gode della naturale protezione di tutte le creature. E tutte le creature lei protegge.

Solchi il confine invisibile del suo podere incastrato nella terra a difesa della terra e ti si fa incontro un cane visionario.

Totalmente privo della vista. Della vista privato ad opera della cecità crudele dell’umano degenere. Ti accoglie per accompagnarti nei passi e dimostra di conoscere ogni periglio minuscolo nel cammino.

Danzano a movimentata compagnia altri due cani. Così minuti e leggeri. Paiono cavalli luccicanti di livrea di nuovo forgiata.

Pulsante. Contemporanea. Sempre presente ai fatti pur dai fatti tenendosi quando occorre a debita distanza.

Queer Elisabeth ha dagli abitanti circostanti – bracconieri e non – appellativo di stranezza. E quella stranezza è il concime di questo fazzoletto ricamato di terra resistente.

Si resiste a tutto – dice Elisabeth. Proprio a tutto. E la sua resistenza è costruzione continua. Quando serve ricostruzione. Rievocazione. Riesumazione.

Queer Elisabeth è la Regina del Tempo che non c’è e che arde del desiderio d’essere ricostruito.

Si trova nella Terra di Firenze. Ben compresa nella idea della città che fu. Ove la sintonia tra i paesaggi ed manufatti – pardon, i ManuInfatti – è naturale e piena.

Lunga vita a Queer Elisabeth. La Regina del Tempo che non c’è.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved

#risvolti

43° 46′ 17″ N, 11° 15′ 15″ E

Una conchiglia. Smarrita come ha sempre desiderato.

Sin dal primo formarsi del suo mollusco. Danzare dentro la danza selvatica del mare confuso di gioia.

Una conchiglia nel bel mezzo di una dozzina di conchiglie. Una famiglia improvvisata. Come le famiglie che si formano all’improvviso. Nel nome della beltà che l’improvviso sa forgiare.

Michele ed il violoncello.

Ma poi noi ed un violoncello. Sapendo che la sinuosità non si può certo far vivere per tratto di disegno.

La sinuosità abita la natura nelle ore in cui tutti dormono oppure distrattamente attraversano i luoghi senza accorgersene.

Michele in una certa sera in un certo teatro a forma di conchiglia.

Michele è una conchiglia e quel violoncello è il suo timone di disorientamento.

Lo osservi suonare e si fa vela.

Lo ascolti aggirare lo sguardo per celare lo stordimento così voluto. Espresso con ogni vibrante membra di un corpo inadatto alla scena. Eppure così prossimo sempre ad ogni vibrazione a disciogliersi nel suono e nel suono a ricomporsi dilaniando la tenace prova di decifrazione di chi ascolta.

E non capisce. Chi ascolta non capisce mai. Troppo preso a stringere invano nel pugno l’incendio che ne scaturisce.

Così accade che si naufraga nell’osservazione a tutte orecchie di quella conchiglia frammista a salsedine e sabbia finissima tra quella dozzina di conchiglie ciondolanti nei flutti.

E paion legni. Legni di naturalissima fattura. Si abbandoni ogni vanità di conoscenza del fattore. E’ molteplice fino alla innumerabilità delle fattezze. Anche lo spartito indegno indossa la livrea.

Nella stessa guisa con cui John McEnroe recitava quel diritto anomalo che riappacificava con l’imponderabilità della grazia libera dai lacciuoli che l’intellettualismo sa con volgare abbondanza affibbiare alla espressione artistica.

Nella stessa guisa con cui il liutaio chiacchiera in discreta eccitazione con il vivo albero che lo invita a trarre linee curve e misurate contorsioni.

Una conchiglia.

Smarrita come ha sempre desiderato.

Ebbra della geografia che appare tutt’a un tratto negli occhi quando capisci che senti la contemporaneità del viaggio e della scoperta.

Porta nome Michele Tazzari.

Quella sera in un certo teatro a forma di conchiglia era una conchiglia dentro quella sporca dozzina di smarrite conchiglie. Guidate da una sporca dozzina di violoncelli pronti a far da timoni di disorientamento. Finimmo tutti quanti in lacrime nel corpo e nel tremore che segue ogni portentoso evento naturale.

In fondo, di grazia non si può che vivere.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved

#risvolti

43° 33′ 0″ N, 10° 19′ 0″ E

https://boborondelli.de

Non è un fumetto ma perdio ne ha tutta l’aria e la circostanza d’abito. Non è in fondo un grande artista ma ha espressione di artista smisurato già nella parola che si distrae mentre si srotola.

Emerge. Anzi, è palese manifestazione di cosa voglia dire essere emergenti.

Senza alcuna propensione a muoversi per pura emergenza. La lentezza non è una scelta per questo corpo di mille baccalà. La lentezza è sostanza. A guisa di ponce. E sorseggiando van giù fino in fondo le inarrestabili malinconie di ebbrezza di chi Bobo si fa chiamare per senso pratico del gioco.

A fottere l’America. A fottere le tratte che si fan ponte d’oceani.

Qualcuno eppur così pochi eppure che maledetta fortuna qualcuno nasce esperto di immersione nei luoghi da cui tutti fuggono. E in quell’immersione c’è tutta la fuga desiderata.

E a cambiar vocale Bobo sarebbe qui lesto.

Bob. Boh. Deh. Bobo Rondelli.

Da tirar giù fino in fondo. Come fosse un ponce.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved

#risvolti

45° 16′ 0″ N, 10° 34′ 0″ E

https://larareale.com

Trasparenti.

Non così da diventare invisibili.

Siamo participi presenti soltanto quando ci prendiamo la briga di esserlo.

E trasparenti prendiamo corpo e consistenza.

Trasparenti smettiamo d’essere filtro, smettiamo di trattenere.

Siamo participi presenti soltanto quando, senza necessità alcuna di fissa dimora, di una casa, ancor più di un luogo, facciamo occasione di testimonianza.

Lara sa bene che la testimonianza è atto di volontà al pari del primo respiro.

Lo rivela con la mollezza dello sguardo che, abbandonando d’impeto ogni timore di vertigine, si lascia cadere nel girovagare anarchico delle parole entusiaste della compagnia e cerca una rete, ma solo perché in verità non è appunto così importante la caduta, bensì certo l’atterraggio.

E a questo proposito Lei proprio ben sa, nella sua nativa inclinazione alla testimonianza, che l’atterraggio avviene sempre su duro suolo.

Attutirlo significa abbandonare il modo precipuo d’essere, nella volontà e nella sua espressione di azione, participi presenti, nudi di ogni filtro, eleganti financo nella grossolana ricerca del verso più libero.

La osservi e tanto basta per figurarsela cantare nel ritmo perduta.

Lara è testimone di volontà. Sacerdotessa laica e a tal punto di volontà infervorata da istituire un nuovo semplicissimo principio di fede.

La fiducia nel tempo presente, quella che in genere una certa diffusa indolenza smorza fino allo spegnimento.

Scompaiono così i cerimoniali, perdono per strada la loro veste tumefatta di pigre, stagnanti illusioni di grazia mendace e bugiarda.

Lara si fa eco dei luoghi. Lara si fa eco di una dimora respirata a pieni polmoni come piazza, la più ventosa delle piazze, quelle piazze che paiono rinchiuse da quei porticati a far completo perimetro.

Eppure tutti noi, ad esserne ospiti, ne sappiamo trarre beneficio.

Le stanze sono organi pulsanti di un ricco e rigoglioso organismo.

Il Risvolto di Lara risiede per intiero nella sua naturale propensione a svelare la nudità delle viscere fino a celebrarne il congenito ribellarsi all’ordine estetico del corpo che se ne fa impropriamente abito.

Agli avventori opportunisti, crescente marmaglia di una volgarissima geografia da fast food, paiono pallidi fantasmi di un gusto perduto ed inafferrabile proprio nella sua schietta e provocante volontà di testimonianza, non c’è altra giusta via.

Fuorché lasciarsi risucchiare, abbandonando, in totale simmetria con Lara, ogni pudore di verità.

La verità protegge sempre. Non smette di scriverlo, non smette di testimoniarlo.

E noi testimoniamo sospinti dalla sua testimonianza.

E se un laico cammino di libera peregrinazione può esistere e tracciare tragitto, qui proprio qui deve avere un suo punto di attraversamento.

Senza filtri, coniugato in rigoroso participio presente.

©f a b b r o l i s – All Rights Reserved